Quei nostri fratelli in Brasile

Quei nostri fratelli in Brasile

Gran parte dei brasiliani di origine italiana sente ancora un forte impulso a riappropriarsi delle radici lontane. E desidera conoscere i luoghi di origine, incontrare i familiari rimasti in Italia.

E’un’enorme famiglia, quella degli italiani nel mondo. Nelle sole Americhe si calcola che oggi vivano almeno sessanta milioni di oriundi italiani, dei quali più di venticinque milioni nel solo Brasile, che a buon diritto può quindi essere considerata la nazione più “italiana” al mondo. Le vicende storiche hanno voluto che l’emigrazione dal Suditalia si dirigesse prevalentemente verso il Nordamerica, mentre quella proveniente dal nord della penisola verso i paesi del Sudamerica. Succede così che negli “States” si balli la tarantella e che negli stati meridionali del Brasile la pietanza più conosciuta sia la polenta. Ma c’è di più. Negli Stati Uniti i nostri connazionali furono costretti a integrarsi rapidamente in un contesto sociale e industriale già sviluppato al momento del loro arrivo a “Ellis Island”, per evitare di essere discriminati più di quanto già lo fossero. Gli italoamericani non insegnarono la lingua italiana ai loro figli perché c’era bisogno di diventare subito “americani”.

Tutt’altra storia in Brasile. Lì le nostre famiglie vennero chiamate a colonizzare intere regioni (negli stati del sud), ovvero a sostituire la manodopera degli schiavi, come è avvenuto nello stato di San Paolo. Nei territori del Rio Grande do Sul, il più meridionale degli Stati brasiliani, si insediarono migliaia di famiglie italiane, per lo più provenienti dal Triveneto, che dettero vita a una delle più imponenti opere di bonifica e di civilizzazione della storia moderna. Laddove c’era foresta, dopo pochi anni iniziarono a sorgere villaggi-cloni dei luoghi di origine come Nova Pádua, Nova Veneza, Monte Belo do Sul, Garibaldi, Treviso, Nova Bassano. Con gli stessi campanili, le stesse chiese, i medesimi capitelli votivi. Il luogo di incontro per trovare moglie era la messa domenicale (la fede, altro elemento portante dell’emigrazione italiana). E dopo la messa ci si scambiava quattro chiacchiere in dialetto veneto, ci si innamorava fra ragazzi e ragazze figli di emigrati italiani. Siamo già ai primi anni del 1900 e la prima generazione di oriundi parla, pensa, mangia, lavora e si sposa in italiano. La media della figliolanza, pur con un’alta mortalità infantile, era di 11,6 figli per coppia. E la storia si ripete con la seconda generazione.


In questa e nell`immagine seguente: italiani emigrati in Brasile all`inizio del secolo scorso

In questa e nell`immagine seguente: italiani emigrati in Brasile all`inizio del secolo scorso



Ecco spiegato perché ancora oggi, se vi capita di andare a Caxias do Sul - mezzo milione di abitanti, una delle città più industrializzate del sud del Brasile - sentirete parlare intere frasi in dialetto veneto e vedrete per le vie della città volti di uomini e di donne che potreste trovare a Treviso, a Pordenone, a Vicenza o a Belluno. Una questione di Dna. Negli stati di Santa Catarina, Paraná, Espirito Santo e nell’interno dello stato di San Paolo la storia, magari con modalità un po’ diverse, è la medesima. L’errore che spesso si commette, da parte di noi italiani, è di considerare la grande epopea dell’emigrazione italiana come un capitolo chiuso, una vicenda che appartiene ai libri di storia. Ma non è così. Un grande limite degli studiosi e ricercatori di questo fenomeno è appunto quello di fermarsi ai dati storici: statistiche, numeri e cause della migrazione, dimenticando il fatto che ogni famiglia italiana approdata oltreoceano ha portato con sé un bagaglio di tradizioni e di cultura. La domanda che di solito gli storici non si pongono è: che fine hanno fatto quelle famiglie ? Quanta “italianità” c’è ancora nei discendenti di seconda, terza e quarta generazione ?





La risposta sarebbe sorprendente, per il Brasile, perché gran parte dei brasiliani di origine italiana sente ancora – quasi miracolosamente, giacché è passato più di un secolo – un fortissimo impulso a riappropriarsi delle proprie radici, a conoscere i luoghi di origine, a incontrare il ramo della famiglia che è rimasto in Italia. E’ un fenomeno in continua crescita e che può essere spiegato, dal punto di vista sociologico, con il bisogno di avere punti fermi, certezze. Capire da dove veniamo è un tassello fondamentale nella vita delle persone. Un tassello che non manca a noi italiani d’Italia perché abbiamo sempre avuto la nostra storia sotto gli occhi. Per fortuna negli ultimi tempi anche gli italiani residenti in Italia stanno iniziando a scoprire le antiche storie delle loro famiglie. E mese dopo mese i contatti fra l’Italia e gli italiani nel mondo si fanno sempre più fitti, grazie all’impulso fondamentale di Internet. Si intensificano, così, le reciproche conoscenze, i gemellaggi fra comuni, gli scambi culturali. Si organizzano raduni familiari (fenomeno quanto mai “alla moda” in Brasile) con la partecipazione di migliaia di persone provenienti da ogni parte del mondo ed è un vero e proprio boom della genealogia. Teniamo viva questa tendenza e saranno piacevoli sorprese, dall’altra Italia nel mondo.

Di Paolo Meneghini
Fonte:musibrasil

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