Pena di Morte: 31% dei Brasiliani è favorevole
Pena di morte: favorevole il 31% dei Brasiliani
Negli ultimi 12 mesi quattro Brasiliani su cinque hanno cambiato abitudini a causa della violenza. Il risultato è che sempre più alto il numero delle persone che ritiene che debbano essere inasprite e pene, aumentare il numero degli ergastoli, inserire la pena di morte e diminuire “la maggior età penale” per poter incriminare e condannare minorenni che violano la legge. In alcuni casi viene addirittura difesa la condotta violenta della polizia. Questi sono i risultati emersi dall’indagine, con tema la sicurezza, condotta a luglio dal CNI/Ibope che ha intervistato 2002 in 141 città.
Seppur concordando con l’utilizzo di pene alternative per reati lievi l’83% degli intervistati ritiene che pene più severe ridurrebbero l’indice di criminalità. La maggioranza reclama che l’impunità sta aumentando.
Più della metà (51%) appoggia totalmente l’ergastolo, inesistente in Brasile, un significativo 31% della popolazione difende l’introduzione della pena di morte e un altro 15% pensa che potrebbe essere giustificata in alcuni casi.
Più della metà (51%) appoggia totalmente l’ergastolo, inesistente in Brasile, un significativo 31% della popolazione difende l’introduzione della pena di morte e un altro 15% pensa che potrebbe essere giustificata in alcuni casi.
“Esiste un paradosso in questa situazione. Le persone credono nelle politiche sociali ma c’è una volontà di aumentare la severità. Penso che ciò sia legato all’urgenza di una società vittima della violenza” affermò il responsabile esecutivo dell’Unità di Ricerca del CNI, Renato da Fonseca.
Il risultato dice altresì che l’80% dei brasiliani cambiarono le proprie abitudini per causa della violenza. La maggior parte degli intervistati della CNI pensa di non uscire con denaro, si preoccupa di più nel momento di uscire di casa o dal lavoro, evita uscire di sera e addirittura e cerca di non entrare in determinate strade o quartieri per preservare la propria sicurezza. Lo stesso numero di persone dichiara di aver assistito negli ultimi 12 mesi ad almeno un atto di violenza; il 30% fu o ha avuto un parente prossimo vittima di un crimine.
Secondo Renato da Fonseca, la ricerca dipinge una società che sta soffrendo con atti violenti ma che non è di per sé violenta. “ E’ molto chiaro che le persone non stanno potendo girare liberamente in città. E’ evidente che la violenza condiziona le abitudini delle persone.”
Nonostante questo panorama, la ricerca mostra che un quarto degli intervistati, anche senza avere fiducia nella polizia, crede che la violenza ufficiale può essere giustificata con la violenza dei criminali. Un ulteriore 25% concorda parzialmente con questa idea.
Un’altra contraddizione coinvolge la proibizione di vendita di armi, sconfitta nel plebiscito del 2005: 54% degli intervistati oggi è contrario alla concessione del porto d’armi alla popolazione civile.
Maggiore età.
Il costante coinvolgimento di minorenni in atti criminali ha un risultato evidente sulla ricerca; è una delle domande che ha trovato risposte concordanti: il 75% difende la riduzione da 18 a 16 anni, età con cui un giovane possa essere giudicato e punito per i suoi crimini e lo stesso numero pensa che gli adolescenti che commettono atti violenti dovrebbero essere puniti come adulti.
Opinioni
- 60% concordano con pene alternativi per crimini meno gravi.- 57% pensano che non ci sarà una diminuzione di criminalità con la legalizzazione della marijuana.- 65% concorda con il divieto di vendita di bibite alcoliche dopo la mezzanotte per ridurre gli indici di violenza.
- 53% sono favorevoli alla privatizzazione delle carceri.
- 53% sono favorevoli alla privatizzazione delle carceri.
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