Caso Battisti, l'ultimo bluff
Il procuratore brasiliano vuole archiviare tutto
Su Cesare Battisti il Brasile fa melina. E prende in giro l’Italia intera. Da mesi si attende una decisione sull’estradizione del terrorista dei Proletari armati per il comunismo, condannato all’ergastolo per due omicidi commessi in Italia e ora rifugiato a Brasilia.
Il governo brasiliano nel gennaio scorso ha persino concesso lo status di rifugiato politico al terrorista. Decisione motivata dal fatto che in Italia Battisti «rischia di essere ucciso e torturato». Un insulto all’Italia, Paese democratico e dove gli ex terroristi che hanno scontato la pena godono di tutti i diritti. Vanno in televisione, partecipano a dibattiti e si sono rifatti una vita. Vita che hanno spezzato a tanti uomini colpevoli solo di indossare una divisa, di svolgere la funzione di magistrato.
Hanno ucciso politici ritenuti nemici e, come Cesare Battisti, commercianti giudicati colpevoli dal "tribunale del popolo" di essersi ribellati ai rapinatori che volevano derubarli. Battisti gode da anni della protezione di una lobby che già durante la sua latitanza in Francia lo ha appoggiato e sostenuto. E ora lo stesso copione si ripete in Brasile. Battisti nelle carte del ministero della Giustizia brasiliano viene definito «scrittore»: qualifica guadagnata durante gli anni di latitanza a Parigi dove ha scritto e pubblicato con successo alcuni romanzi noir.
Il caso Battisti ha scatenato grosse polemiche in Brasile dove la decisione del ministro Tarso Genro di far firmare al presidente Lula l'asilo politico al terrorista plurimocida ha scatenato una guerra di poteri. I giudici si sono sentiti estromessi dalla questione. E anche nel Supremo Tribunale federale, massimo organo della magistratura brasiliana, si fronteggiano due schieramenti. I giudici dovranno sostanzialmente decidere non tanto sull'estradizione di Battisti ma sulla legittimità della decisione del governo. Da un lato il presidente dell'Alta corte brasiliana Gilmar Mendes che vuole dimostrare l'indipendenza della giustizia dal potere politico e non ha mai fatto mistero di essere favorevole all'estradizione. Dall'altro il procuratore generale Antonio Ferdinando De Souza che, in più occasioni, ha ribadito che il Supremo tribunale non ha giurisdizione per decidere sull'estradizione.
Non meno di cinque giorni fa De Souza ha sostenuto che la concessione dello status di rifugiato è un'espressione della sovranità dello Stato brasiliano ed è competenza dell'esecutivo. Il parere del procuratore non è però vincolante e la decisione finale sul caso spetta comunque al Tribunale supremo. Il procuratore De Souza ha anche suggerito che il processo presso il «Stf» sia estinto anche prima di essere discusso dai giudici, facendo sua la richiesta presentata dal nuovo legale di Battisti, l'avvocato costituzionalista Luis Roberto Barroso. «Ritengo di non dover procedere con l'azione e prima del giudizio chiedo l'estinzione del processo», scrive De Souza nel documento inviato al Supremo Tribunal. Tribunale che però non ha dato nessuna priorità al caso Battisti visto che è stato rinviato più volte a partire da gennaio, prima per le ferie del Carnevale brasiliano, poi per affrontare altri casi come quello delle riserve indiane negli Stati del nord est del Brasile. Anche la società civile brasiliana si è divisa e sono stati in molti ad appoggiare la richiesta dell'Italia.
La presa di posizione molto netta del procuratore generale è un nuovo smacco per l'Italia che si affianca al parere dell'Ordine degli avvocati brasiliani, anch'essi contrari all'estradizione. Nei prossimi giorni l'Alta corte potrebbe affrontare la questione. I giudici sarebbero intenzionati ad autorizzare l'estradizione di Cesare Battisti in Italia a patto che la sua pena venga commutata dall'ergastolo a 30 anni di reclusione. Ma è paradossale che proprio il procuratore generale De Souza, nell'aprile scorso, abbia impedito la scarcerazione di Battisti per i reati legati all'ingresso clandestino in Brasile.
De Souza ha decretato che in base alla legge brasiliana, i crimini commessi da Battisti cadranno in prescrizione ma solo tra il 2011 e il 2013. «Finché non sarà estinto il processo di estradizione o non sarà giudicata irricevibile la richiesta della Repubblica Italiana, è necessario che sia prolungata la detenzione preventiva di Cesare Battisti», ha scritto De Souza. Tra un paio d'anni Cesare Battisti, uscito dal penitenziario di Papuda potrà godersi il sole di Copacabana.
Su Cesare Battisti il Brasile fa melina. E prende in giro l’Italia intera. Da mesi si attende una decisione sull’estradizione del terrorista dei Proletari armati per il comunismo, condannato all’ergastolo per due omicidi commessi in Italia e ora rifugiato a Brasilia.
Il governo brasiliano nel gennaio scorso ha persino concesso lo status di rifugiato politico al terrorista. Decisione motivata dal fatto che in Italia Battisti «rischia di essere ucciso e torturato». Un insulto all’Italia, Paese democratico e dove gli ex terroristi che hanno scontato la pena godono di tutti i diritti. Vanno in televisione, partecipano a dibattiti e si sono rifatti una vita. Vita che hanno spezzato a tanti uomini colpevoli solo di indossare una divisa, di svolgere la funzione di magistrato.
Hanno ucciso politici ritenuti nemici e, come Cesare Battisti, commercianti giudicati colpevoli dal "tribunale del popolo" di essersi ribellati ai rapinatori che volevano derubarli. Battisti gode da anni della protezione di una lobby che già durante la sua latitanza in Francia lo ha appoggiato e sostenuto. E ora lo stesso copione si ripete in Brasile. Battisti nelle carte del ministero della Giustizia brasiliano viene definito «scrittore»: qualifica guadagnata durante gli anni di latitanza a Parigi dove ha scritto e pubblicato con successo alcuni romanzi noir.
Il caso Battisti ha scatenato grosse polemiche in Brasile dove la decisione del ministro Tarso Genro di far firmare al presidente Lula l'asilo politico al terrorista plurimocida ha scatenato una guerra di poteri. I giudici si sono sentiti estromessi dalla questione. E anche nel Supremo Tribunale federale, massimo organo della magistratura brasiliana, si fronteggiano due schieramenti. I giudici dovranno sostanzialmente decidere non tanto sull'estradizione di Battisti ma sulla legittimità della decisione del governo. Da un lato il presidente dell'Alta corte brasiliana Gilmar Mendes che vuole dimostrare l'indipendenza della giustizia dal potere politico e non ha mai fatto mistero di essere favorevole all'estradizione. Dall'altro il procuratore generale Antonio Ferdinando De Souza che, in più occasioni, ha ribadito che il Supremo tribunale non ha giurisdizione per decidere sull'estradizione.
Non meno di cinque giorni fa De Souza ha sostenuto che la concessione dello status di rifugiato è un'espressione della sovranità dello Stato brasiliano ed è competenza dell'esecutivo. Il parere del procuratore non è però vincolante e la decisione finale sul caso spetta comunque al Tribunale supremo. Il procuratore De Souza ha anche suggerito che il processo presso il «Stf» sia estinto anche prima di essere discusso dai giudici, facendo sua la richiesta presentata dal nuovo legale di Battisti, l'avvocato costituzionalista Luis Roberto Barroso. «Ritengo di non dover procedere con l'azione e prima del giudizio chiedo l'estinzione del processo», scrive De Souza nel documento inviato al Supremo Tribunal. Tribunale che però non ha dato nessuna priorità al caso Battisti visto che è stato rinviato più volte a partire da gennaio, prima per le ferie del Carnevale brasiliano, poi per affrontare altri casi come quello delle riserve indiane negli Stati del nord est del Brasile. Anche la società civile brasiliana si è divisa e sono stati in molti ad appoggiare la richiesta dell'Italia.
La presa di posizione molto netta del procuratore generale è un nuovo smacco per l'Italia che si affianca al parere dell'Ordine degli avvocati brasiliani, anch'essi contrari all'estradizione. Nei prossimi giorni l'Alta corte potrebbe affrontare la questione. I giudici sarebbero intenzionati ad autorizzare l'estradizione di Cesare Battisti in Italia a patto che la sua pena venga commutata dall'ergastolo a 30 anni di reclusione. Ma è paradossale che proprio il procuratore generale De Souza, nell'aprile scorso, abbia impedito la scarcerazione di Battisti per i reati legati all'ingresso clandestino in Brasile.
De Souza ha decretato che in base alla legge brasiliana, i crimini commessi da Battisti cadranno in prescrizione ma solo tra il 2011 e il 2013. «Finché non sarà estinto il processo di estradizione o non sarà giudicata irricevibile la richiesta della Repubblica Italiana, è necessario che sia prolungata la detenzione preventiva di Cesare Battisti», ha scritto De Souza. Tra un paio d'anni Cesare Battisti, uscito dal penitenziario di Papuda potrà godersi il sole di Copacabana.
Maurizio Piccirilli
Fonte.iltempo.it
Fonte.iltempo.it
Mi sembra evidente come queste persone non sano a conoscenza della storia e non abiano rispetto per un paese come l'Italia dove, seppur con qualche difetto, la democrazia ormai esiste da alcuni decenni.
Come cittadino italiano provo un po' di vergogna e di imbarazzo nei confronti di un paese che tanto amo ma che sembra trattare questo fatto specifico con molta leggerezza e mancanza di rispetto per coloro che sono le reali vittime di questa situazione e che sanno chi fu il vero Battisti
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