Diario di una favela: l'altra faccia di Salvador
Novos Alagados. Diario di una favela.
L’autore e il legame indissolubile con la sua terra.
José Eduardo Ferreira Santos, per tutti “Dinho”, è nato nel 1974 a “Novos Alagados”, una favela di palafitte, costruita alla periferia nord di Salvador de Bahia, lungo una fascia costiera costantemente invasa dalla marea. Dinho, di famiglia umile, ha trascorso tutta l’infanzia e la giovinezza sull’acqua, ovvero sugli improvvisati pontili di legno che collegavano tra loro le baracche di compensato e lamiera.
Grazie ad un sostegno a distanza, ha potuto dedicarsi allo studio e laurearsi presso l’Università di Salvador.
Dopo la laurea, è tornato a Novos Alagados come educatore e ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Sanità Pubblica.
Dalla fine degli anni Novanta, grazie all’attivismo della popolazione locale e ad alcuni progetti di solidarietà internazionale, la comunità di Novos Alagados si è trasferita sulla terraferma.
Dinho, che oggi si occupa a tempo pieno di pedagogia e cultura brasiliana, è quindi un osservatore diretto della realtà che descrive; è anzi protagonista di molte delle storie che racconta, che costituiscono allo stesso tempo il suo bagaglio personale di ricordi e la memoria di un’intera comunità...
Il testo e il confine invisibile tra narrativa e saggistica
Il testo è articolato in tre grandi sezioni, ognuna dedicata ad una parte di umanità della favela: i bambini, le donne e gli uomini di Novos Alagados.
Così, la piccola Daiane, la signora Tibúrcia, gli ubriachi alla fermata dell’autobus… compongono un affresco in cui prende forma, nei suoi aspetti di gioia e di dolore, la cultura popolare di una comunità.
Lo sguardo dell’autore, però, non indulge alla tentazione del pathos e anzi si sofferma con estrema lucidità su ogni frammento della quotidianità di Novos Alagados: dai giochi in strada ai negozi di frutti di mare; dai dolcetti preparati in occasione della festa dei Santi Cosma e Damião alla violenza dei cosiddetti “marginali”. La pagina di Dinho è asciutta ed essenziale, eppure particolarmente densa, perché riesce a cogliere, senza mistificarli, l’intimità di un volto o l’attimo in cui un pensiero diventa gesto.
Ciò che ad un lettore occidentale può apparire folkloristico, «come una specie di spettacolo per il turista», diventa così espressione di uno “spazio” storico vissuto e descritto in prima persona da uno dei suoi protagonisti.
Fonte:http://www.pontidicarta.org/pubblicazioni
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