Cina e Brasile, addio al dollaro

Cina e Brasile, addio al dollaro


Cina e Brasile infliggono un colpo al ruolo del dollaro come moneta universale. Le due banche centrali di Brasilia e Pechino hanno annunciato di avere raggiunto un accordo per eliminare il dollaro come moneta di pagamento del commercio bilaterale tra i due paesi, un interscambio che quest'anno raggiungerà 40 miliardi di dollari.

Il presidente dell'autorità monetaria brasiliana Henrique Meirelles ha dato l'annuncio dopo un incontro con il suo omologo cinese, Zhou Xiaochuan, ai margini del meeting tra governatori presso la Banca dei regolamenti internazionali, con sede a Berna. L'import-export fra i due giganti emergenti sarà dunque pagato in yuan e real anziché in dollari com'era antica consuetudine. Lo stesso Meirelles ha aggiunto che un accordo analogo sta per essere raggiunto con l'India, per usare direttamente il real e la rupia nell'interscambio bilaterale, eliminando i pagamenti in dollari. Anche la Russia è intenzionata a siglare rapidamente lo stesso tipo di intesa, che è stato discusso in seno al club dei Bric (Brasile, Russia, India, Cina).

Naturalmente questo non scalfisce ancora il ruolo del dollaro come moneta di riserva delle banche centrali. I dirigenti cinesi, anzi, hanno ribadito di recente che la politica di investimenti in dollari delle loro riserve valutarie non subirà mutamenti significativi (in effetti sono preoccupati che un segnale di "disaffezione" da parte loro possa far crollare il dollaro, svalutando i loro investimenti ed anche riducendo la competitività del made in China). Tuttavia l'abbandono del dollaro nel commercio fra i Bric è un passo verso il ridimensionamento del suo ruolo come moneta "universale". I bric rappresentano le economie a più forte tasso di crescita. La Cina da quest'anno ha scalzato gli Stati Uniti come primo partner commerciale del Brasile. Le esportazioni brasiliane nella Repubblica Popolare (soprattutto soya e minerale ferroso) sono aumentate del 64% nel primo trimestre 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008.

Intanto un nuovo segnale di ripresa dell'economia cinese viene dall'indice dell'attività manifatturiera, che a giugno è aumentato per il quarto mese consecutivo. L'indice aveva segnato un minimo storico nel novembre scorso, quando la recessione globale aveva avuto un impatto tremendo sulle esportazioni cinesi.
L'ottimismo sulle grandi economie asiatiche (Cina e India in testa) traspare nel comportamento degli investitori nternazionali: il gruppo di private equity Carlyle ha appena annunciato di avere facilmente raccolto un miliardo di dollari di capitali per il suo nuovo fondo specializzato in piccole e medie imprese asiatiche.

E c'è chi comincia a temere che attorno alla Cina si stia formando una nuova bolla speculativa. Il collocamento iniziale dei titoli di un produttore di shampoo alle erbe, Bawang, in dieci minuti dall'apertura delle sottoscrizioni ha raccolto domende per 9 miliardi di dollari, a fronte di un'offerta di azioni di soli 215 milioni. La Bawang ha un rapporto prezzi-utili a quota 20, decisamente elevata.
Un altra società cinese, la Duoyuan Global Water specializzata nel trattamento delle acque, ha avuto un rialzo del 34% nel suo primo giorno di quotazione al New York Stock Exchange. A Hong Konh il primo collocamento in Borsa del gruppo China Metal Recycling è stato salutato da un rialzo immediato del 22%. Secondo Ernst&Young ci sono 108 nuovi collocamenti azionari di matricole cinesi che stanno per arrivare alle Borse di Shanghai e Hong Kong.

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